Sequestrati dai vigili urbani piante e fiori a un venditore abusivo

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MONOPOLI – Quando gli appostamenti della Polizia municipale servono a far rispettare le regole. Galeotto fu il mazzo di fiori e chi lo colse per venderlo per strada. I venditori li trovi periodicamente agli angoli delle strade di periferia, gesticolano con le dita per farti sapere senza aprir bocca il prezzo, di rose, tulipani, ma anche di piante ornamentali e bonsai. Tutto a buon prezzo, che in tempo di crisi, fiori low cost per la dolce amata come per la tomba del caro estinto, sono manna dal cielo. Per coltivare i sentimenti? No soldi e per certi versi la concorrenza è sleale verso chi ha un negozio, soprattutto se quella vendita non è autorizzata. Un po’ come accade con altri generi alimentari qua e là, il pesce, la frutta negli stessi posti. E alla verifica operata dagli agenti della Polizia municipale agli ordini del comandante Maggiore Michele Palumbo, il rivenditore di fiori (tale Z.P.), evidentemente non del posto, ha esibito un documento di autorizzazione amministrativa alla vendita come rappresentante di altro soggetto autorizzato dal Comune di Terlizzi. Un bel garbuglio burocratico, districato da una segnalazione a quel Comune del Nord barese e da una verifica che poi ha portato a sapere che quella licenza risulta sospesa per 20 giorni. E all’ennesima multa accompagnata dal «che fa concilia?» dei vigili nostrani, l’uomo sembra aver risposto con un «mai pagato un vostro verbale». Fiori recisi e legalità calpestata. I primi sono stati sequestrati e destinati alle chiese della città. Le 8 piante ornamentali in suo possesso invece sono state destinate all’esposizione nelle aree di comune fruibilità della città. È finita così, con l’apposizione su ogni pezzo del contrassegno indicante il provvedimento adottato “Sequestrato al venditore ambulante abusivo”. Cambia il detto «fiori come opere di bene» per dichiarare il “de profundis” della vendita illecita, con buona pace di chi punta ancora su prodotti low cost ma senza etica e senza il crisma della liceità.

Eustachio Cazzorla