Riceviamo e pubblichiamo

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Gentile Direttore,
Barak Obama, con l’esempio di coltivare direttamente un orticello nei pressi della casa bianca, forse ha voluto far intendere al mondo intero che quella sana attività potrebbe essere il primo significativo e obbligato passo per risolvere la crisi in atto. Nello stesso tempo ha auspicato anche uno sfruttamento generalizzato delle fonti rinnovabili di energia e, recentemente, ha incitato tutti i grandi produttori mondiali a costruire automobili a trazione elettrica per l’abbattimento delle emissioni inquinanti. Da queste scelte si capisce subito che l’unico modo per contrastare l’inesorabile degrado del nostro pianeta sia, in primis, il ritorno massiccio alle coltivazioni naturali della terra. Mio padre era solito ripetere che se un giorno l’uomo smetterà di coltivare la terra, sostituito dalla macchina e dalla chimica (fu sempre contrario all’impianto di ogni tipo di serra equivalente, secondo il suo lungimirante pensiero, alla tomba dell’agricoltura), l’ambiente potrebbe subire gravi conseguenze. Tuttavia, ha lasciato sempre che ognuno di noi figli scegliesse il proprio mestiere e, naturalmente si fa per dire, nessuno ha mai scelto di stare nella terra. Certo, dopo avere visto e convissuto le misere condizioni contadine di mezzo secolo fa in piena gioventù, come si faceva a scegliere il mestiere della terra? Allora i campi si raggiungevano a piedi, oppure in bicicletta. Solo verso la fine degli anni Cinquanta incominciarono ad apparire le prime utilitarie Fiat (cinquecento e seicento), il cui possesso era alla portata solo di chi poteva permettersi il pagamento del prezzo a rate firmando il fatidico cambialone di fine anno. La solvibilità era naturalmente legata all’esito favorevole della vendita delle primizie orticole della stagione estiva; nel caso contrario si pagavano gli interessi per avere diritto al rinnovo e aspettare l’annata buona. Questi ricordi mi sobbalzano continuamente alla mente leggendo oggi i giornali, che auspicano (per esempio: Carlo Petrini su Repubblica) il ritorno alla natura per far rivivere il vero valore della terra nell’era di Internet. E’ alquanto significativo che dagli Stati Uniti d’America, terra che stravolgendo per prima il significato della coltivazione naturale dei terreni facendo largo uso della chimica e di pesticidi altamente inquinanti sparsi con gli aeroplani, oggi arriva addirittura per bocca del suo illustre Presidente un eloquente incitamento al rispetto dei naturali cicli biologici, che se non disatteso potrebbe condurre al ripristino (o quasi) di quell’antica integrità ambientale.

Franco Muolo