Pug definitivamente adottato e… concentramento d’ulivi secolar

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Mentre i consiglieri comunali di Monopoli, fino a ieri, sono stati impegnati nelle loro (estenuanti) discussioni sull’adozione definitiva del Pug, adottandolo ormai strizzato come in uno scatolo di sardine, la zona industriale continua inesorabilmente ad espandersi verso la città, distruggendo gli ultimi uliveti posti ai margini della stessa. Dopo il discusso spianamento dell’ex opificio della Ceramica delle Puglie, l’attigua apertura di un nuovo ipermercato li mostra (morenti almeno tre su cinque) in primo piano pur nelle loro (mi devo immaginare) legittime autorizzazioni amministrative. (Continua)

Mentre una gentile commessa mi invitava a fornire le mie generalità, per conseguire la tessera fedeltà presso un gazebo allestito all’esterno della struttura, mi è apparsa improvvisamente una fila di imponenti ulivi secolari che sembravano chiedere aiuto. Non ho potuto fare a meno di immortalarli con il mio cellulare. Tra lo stabilimento distrutto e il nuovo grandioso fabbricato commerciale ricordo ci fosse un piccolo torrente che affluiva nella sottostante ex cava Spina: che fine abbia fatto, lo possiamo solo immaginare. Quel torrentello, residuato di una lama, fu ridotto in quelle piccole dimensioni già con la costruzione dell’opificio industriale. Ne rimangono i resti dall’altra parte (a valle) della via Aldo Moro, mentre a monte, la stessa “ceramica” fu costretta a costruire un sotterraneo canale artificiale per deviarne le acque meteoriche nel vicino torrente Spina (zona peraltro sempre allagata quando piove “forte” a causa di scarsa manutenzione stradale). Si sa che i nostri antenati agricoltori abitavano o si rifugiavano nelle lame sfruttando grotte e anfratti naturali. Vi lavoravano le olive per ricavare il prezioso olio, servivano per conservare nel tempo, al riparo dei fenomeni atmosferici, i prodotti della terra e le umane generazioni. Le lame venivano difese con la costante opera dell'uomo: il terreno che affluiva da monte durante le piogge veniva recuperato e distribuito in terrazzamenti laterali e le acque meteoriche incanalate in alvei costruiti e delimitati da pareti a secco intonacate esternamente con paglia e bolo che venivano potenziati e resi sempre più efficienti con la loro costante manutenzione. Oggi invece la maggiore preoccupazione umana (e della politica frastornata da essa stessa generata) sembra sia quella, sì, di conservare le lame disegnandole ed evidenziandole a colori negli strumenti urbanistici. Con una differenza sostanziale. Che non va nella direzione di studiare e approfondire e tutelare come si deve le originarie peculiarità di queste nostre naturali sciabolate territoriali. Ma si preoccupa soltanto se continuare a colare cemento un po' dentro, un po' fuori, un po' sotto, un po' sopra o a stabilire a quanti CENTIMETRI di distanza bisognerebbe costruire schiere di moderni edifici abitativi e opifici industriali. Così muoiono le lame e anche gli uliveti secolari pur traslocati e sistemati nei loro moderni campi di concentramento.

Franco Muolo