MATTONELLE AL BORGO:CI SCRIVE IL GEOM. MUOLO

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La mia opinione sul cedimento delle mattonelle al “borgo”

Gentile Direttore
in questi ultimi mesi mi è capitato di osservare de visu i lavori (ancora) in corso sulla piazza Vittorio Emanuele II e, pur volendo, non ho potuto non registrare i disparati giudizi sul rifacimento della sovrastruttura viaria da parte di amici e concittadini che continuo a incontrare tutte le mattine nei pressi del mio edicolante abituale. Il sottoscritto non è certo uno di quelli che aspetta la pubblicazione di un libro, per conoscere per quale motivo il progettista abbia scelto quella categoria di lavorazione stradale: sembra essere stata tolta la vecchia massicciata che sostiene il manto d’usura superficiale e sostituita con un massetto di calcestruzzo cementizio armato da un sottile grigliato metallico. Così le mattonelle si rompono. Per forza, un sistema di posa simile lo si praticava nelle stazioni ferroviarie e nelle aree di sosta degli autobus. Ricordo anche che, nel 1964 (quando prestavo il servizio militare alla Cecchignola), veniva utilizzato per pavimentare la sede dei marciapiedi e non certo dei viali dell’EUR a Roma. Come si poteva immaginare che la nuova struttura stradale adoperata al “borgo”, dopo essere stata eliminata la vecchia e solida massicciata di pietrisco, compattata a suo tempo con rulli compressori da 18 tonnellate, potesse reggere ora il carico del traffico veicolare pesante? Se a ciò si aggiunge il fatto che le nuove mattonelle d’asfalto, peraltro dello spessore (3cm.) di molto inferiore rispetto a quelle originarie (5,5cm.), sono state posate su malta semplice invece che su letto soffice di sabbia con spolvero superficiale di cemento, il risultato è quello che stiamo vedendo in questi giorni. Preciso subito che nessuna responsabilità andrebbe ascritta all’impresa appaltatrice, anche se quella categoria di lavorazione (nel caso non prevista dagli elaborati di progetto) fosse stata ordinata d’imperio dalla direzione dei lavori e ritenuta non idonea dalla ditta esecutrice, poteva essere oggetto di contestazione (come già prescritto dal vecchio Capitolato generale d’appalto dei lavori pubblici e dalle sue successive modificazioni). Ma ciò comporterebbe un blocco del cantiere e l’elaborazione di una nuova perizia di variante. Che, non so se mi spiego, con i tempi che corrono potrebbe essere interpretata come una scusa per allungare tempi e costi degli stessi. Credo che, alla luce dei fatti, si potrebbe rimediare con l’esecuzione di prove di carico da effettuare nei punti critici e, nel caso di conferma delle mie supposizioni, si potrebbe risistemare solo quella parte di opere eseguite, cambiando invece totalmente il procedimento per i lavori ancora da farsi. Vero è che le leggi attuali non consentirebbero a politici e amministratori d’interferire nell’operato di tecnici progettisti e dirigenti, ma una sbirciatina prudenziale a computi metrici e preventivi di spesa, di tanto in tanto, la si potrebbero anche dare. Visto che il costo delle opere (e degli onorari) risultano a carico del bilancio comunale e, quindi, gravanti sulla collettività.

Cordiali saluti

Franco Muolo