Lama Belvedere col sacrificio di… San Donato

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Lama Belvedere col sacrificio di… San Donato
 
Il contributo di Franco Muolo nella salvaguardia della lama Belvedere. Ecco la sua relazione tenuta a Monopoli, auditorium del Polivalente scolastico provinciale, il 3 dicembre 1999:
      
Sono sicuro che alcuni, non più giovanissimi, dei presenti in quest’aula, si staranno chiedendo: ma che c’azzecca Franco Muolo fra i relatori di questo tavolo, visto che proprio lui, sia pure nell’esercizio delle sue funzioni in qualità di responsabile dei lavori pubblici dell’ufficio tecnico comunale, è stato l’autore della costruzione di una strada nel vecchio alveo del torrente San Donato? Che tipo di iniziativa potrà mai proporre dopo il suo operato, visto che egli stesso agiva nell’interesse dell’Amministrazione Comunale pro-tempore, alla quale interessava soltanto lo sviluppo delle aree residenziali private e non la realizzazione di un parco urbano? A questi ipotetici interrogativi risponderò per due ragioni. Nella speranza di non essere frainteso: prima: perché sono stato invitato da alcuni amici, qui presenti, ai quali non potevo opporre un rifiuto; seconda: per avere la possibilità di illustrare i motivi che indussero il Comune alla costruzione della strada suddetta e per dare un mio modesto contributo alla buona riuscita di questo incontro. Con l’auspicio che, in futuro, sia evitata la realizzazione di opere inutili o addirittura dannose per la collettività. (continua)

  Siamo nel giugno del 1985. La CON.SUD. SpA, ditta concessionaria delle Ferrovie dello Stato (appaltatrice del lotto dei lavori di ammodernamento della linea ferroviaria Bari-Lecce, che interessava, tra l’altro, la tratta ricadente nell’abitato di Monopoli), doveva dare corso, dopo alcuni giorni dall’avviso, ai lavori di ricostruzione dei ponti in attraversamento della via S. Anna (sulla confluenza delle vie L. Indelli e Orto Carmine) e del torrente Ferraricchio (allora a cielo aperto), nonché alla contestuale copertura dello stesso torrente, nel tratto compreso tra la via S. Anna e la via Umberto I°. Posso testimoniare che l’avvenimento fu talmente gradito dalla popolazione locale che durante tutto il tempo di esecuzione dei lavori  non vi fu mai alcuna contestazione, né qualsiasi altra forma di protesta a causa della completa chiusura al traffico delle strade suddette. Nonostante la città fosse divisa letteralmente in due parti dalla ferrovia, gli automobilisti utilizzavano i passaggi a livello aspettando, pazientemente incolonnati,  di poter passare da una parte all’altra. Non altrettanto doveva succedere intorno all’area ospedaliera. Prima di tutto non vi sarebbe stato più l’accesso diretto per le autoambulanze. Con la soppressione dei tratti delle tre strade suddette, con cui si doveva consentire l’abbassamento della quota stradale in corrispondenza del punto di intersezione del nuovo cavalcavia, l’unica via diretta al nosocomio sarebbe stata  soppressa. Inoltre si avvertiva già l’enorme disagio dei cittadini, in particolare degli abitanti della zona centro-nord della città, che dovevano raggiungere a piedi l’ospedale, costretti ad attraversare l’attivissimo cantiere dei lavori, a mezzo di passerelle sospese e con grave pregiudizio della loro stessa incolumità. Qualche giorno prima dell’inizio dei lavori l’assessore ai LL.PP. pro-tempore, subissato dai continui avvertimenti e sollecitazioni, incominciò a preoccuparsi per le giuste richieste del Presidente e di alcuni dirigenti dell’allora USL BA/16. Si doveva trovare una soluzione viaria alternativa per consentire, in tutta sicurezza, almeno il transito delle autoambulanze. Per farla breve, fui interpellato e subito incaricato di provvedere alla esecuzione di eventuali lavori in economia adottando il sistema della somma urgenza (a quei tempi era diventata quasi una prassi). Dopo un breve sopralluogo individuai l’area di proprietà comunale corrispondente al vecchio alveo del torrente S. Donato, giusto il tratto collegante l’attuale viale A. Moro con la via Oberdan. Già da diversi decenni quell’area fu dismessa dalla sua funzione, a seguito di una deviazione del predetto torrente con immissione nell’alveo del “Ferraricchio”, per consentire al compartimento Anas di Bari la costruzione della ex circonvallazione alla strada statale 16, la cui sede, su quella livelletta, fu prevista incassata nella roccia. Quel tratto di torrente, abbandonato e alla mercé di ogni sorta di scarichi abusivi, popolato da grossi ratti per la presenza di rifiuti di ogni genere, si prestava magnificamente alla bisogna e sembrava fatto apposta per alloggiare una strada urbana che doveva servire, per l’occasione, a risolvere il problema del transito delle autoambulanze. Con una settimana di intenso lavoro (uomini e mezzi furono impiegati dall’alba al tramonto) la strada veniva completata e aperta al traffico sotto l’incredulità dei cittadini e di molti consiglieri e amministratori comunali. La spesa complessiva dei lavori, eseguiti tutti in economia diretta con liquidazione a fatturazione, fu di circa 35 milioni di lire. La stessa fu giudicata incredibile visto che, con quella somma, era stato realizzato un tronco stradale vero e proprio della lunghezza di 400 metri lineari e per una larghezza media di 10 metri. Così furono tutti felici e contenti: i lavori delle Ferrovie poterono continuare senza sosta e senza ostacoli di sorta. Le autoambulanze del S. Giacomo non rallentarono (purtroppo) la loro attività e i cittadini utilizzarono la nuova sede stradale anche per abbreviare il percorso diretto al geriatrico San Camillo e anche al Camposanto. Ma! C’era un “ma” terribile: era stata selvaggiamente occupata un’area già destinata a verde pubblico dal vigente PRG. Anche se la Legge 1/78 consentiva (e lo consente ancora oggi) di realizzare un’opera pubblica diversa, in area di interesse collettivo, costituendo variante d’ufficio allo strumento urbanistico. Cercai con ogni mezzo di mettere una toppa alla mia coscienza, redigendo un progetto di sistemazione a verde di tutti i relitti adiacenti la strada (oggi denominata via S. Donato), del complessivo importo di 250 milioni di lire (sicuramente ancora oggi reperibile presso l’U.T.C.). Ma  tutte le amministrazioni succedutesi dopo la ultimazione dei lavori non ne hanno voluto sapere. In ogni caso, durante il corso degli anni successivi, ho tentato di migliorare la zona piantumando, nel tratto iniziale, alcuni alberi di pinus-pinea, costruendo qualche decina di ml. di  marciapiedi, una recinzione, un taglio di roccia pericolosa per la ormai aumentata circolazione veicolare durante l’amministrazione commissariale. Qualche rattoppo e nulla più mi fu consentito dopo. Peccato!
  Ho voluto ripescare dalla memoria questo flash della mia pregressa attività di tecnico comunale  per portarlo a conoscenza dei presenti, affinché l’esempio non sia imitato oggi né mai, dove l’ancora vigente PRG prevede di realizzare una strada di scorrimento nell’ultimo tratto di torrente a cielo aperto cittadino: nel Ferraricchio per l’appunto. Non è difficile, visto che tante opere, previste dal Piano Piccinato, non sono state realizzate (vedi il porto turistico, il completamento della strada camionabile per il porto commerciale, il cavalca ferrovia in loc. S. Francesco da Paola, ecc..). Sarebbe un grave errore realizzare la strada predetta, almeno nelle dimensioni e nelle caratteristiche così come risulta disegnata dal PRG. Toglierebbe alla fruizione dei cittadini quel poco di verde naturale ancora rimasto, senza risolvere il problema traffico. L’equilibrio fisico, chimico, e climatologico ambientale della zona ne verrebbe sconvolto. E ancora, forse, il motivo più importante è che si andrebbe a ridurre la portata del lume trasversale del torrente già  canalizzato, del cui tratto coperto, fino allo sfocio al mare, non si sa più che cosa succede ad ogni transito di acque alluvionali. Pertanto, è mia personale convinzione che tutta l’area pressoché triangolare inedificata, compresa tra la via S. Anna a nord, l’ospedale a est, il viale A. Moro a sud ed il rione Sant’Anna a ovest, vada adeguatamente sistemata a verde pubblico e integrata con un micro-sistema viario avente caratteristiche di servizio e di smistamento di tutta la zona, fermo restando la necessità di creare alcune strutture specifiche per il pronto soccorso ed il servizio antincendio.

Franco Muolo