Il Mostro di Pietra

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Il 9 novembre 2009 ricorrerà il ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, l’orrido mostro di pietra che, a partire dal 13 agosto del 1961, separando Berlino Ovest da Berlino Est, divise per ben 28 anni, sino al 1989, la Repubblica Federale di Germania dalla Repubblica Democratica (sic!) Tedesca, rendendo tragica concretezza la simbolica dicotomia tra l’Occidente democratico e la ferocia comunista.
Tantissime furono le famiglie spezzate dal Muro: gente che in linea d’aria viveva a pochi metri di distanza, ma che per decenni non poté incontrarsi, parlarsi, vivere lo scambio interpersonale di tutti i giorni. Perché? Come fu possibile concepire un atto di così elevata concezione disumana della realtà, dell’esistenza, dell’essenza di ciascun essere vivente?
La Germania era da poco uscita dal tunnel degli eccidi nazisti ed era già costretta a convivere, nella sua parte orientale, con un altro sanguinoso regime totalitario, portatore di miseria e morte; l’Occidente, intanto, assisteva immobile, imbrigliato nelle torbide trame della Guerra Fredda.
Oltre 230 furono i cittadini della Berlino comunista che perirono, uccisi dai cecchini della Germania Est, mentre cercavano di approdare sull’altro versante della città: avevano il torto di ambire alla libertà, ma, ancor di più, di voler abbracciare un familiare, un amico, comunque un altro essere umano. Chissà quanti di loro avevano già sofferto la barbarie nazista e, anziché la luce, scorgevano atterriti una nuova eclissi, di color rosso, che ottenebrava le coscienze di alcuni turpi volti: un rosso eguale al colore del sangue versato nell’inutile tentativo di oltrepassare il Muro.
Lo storico russo Viktor Suvorov ha così affermato: “L’obiettivo del muro era evitare che il popolo della Germania socialista potesse scappare nel mondo normale. Il muro fu costantemente perfezionato e rinforzato, trasformato da un normale muro in un sistema insormontabile di ostacoli, trappole, segnali elaborati, bunker, torri di guardia, tetraedri anti carro e armi a sparo automatico che uccidevano i fuggitivi senza bisogno di intervento da parte delle guardie di confine.
Ma più lavoro, ingegnosità, denaro e acciaio i comunisti mettevano per migliorare il muro, più chiaro diventava un concetto: gli esseri umani possono essere mantenuti in una società comunista solo con costruzioni impenetrabili, filo spinato, cani e sparandogli alle spalle. Il muro significava che il sistema che i comunisti avevano costruito non attraeva, ma repelleva”.
Purtroppo, il ricordo di questa pagina buia dell’umanità non ha costituito un monito in grado di permettere una reale ascesa democratica in alcuni Stati, ove, invece, ancora oggi, le libertà sono calpestate in nome di subdoli tiranni e di terroristi travestiti da liberatori, i cui famigerati volti campeggiano su alcune magliette.
Lo scempio del Muro deve rappresentare per ciascuno di noi la dimostrazione che qualsivoglia sistema negatore dei principi democratici, di qualunque colore esso sia, conduce esclusivamente alla disintegrazione di ogni afflato di civiltà.
Il Parlamento Italiano, con la Legge n. 61 del 15 aprile 2005, ha dichiarato il 9 novembre "Giorno della libertà", quale ricorrenza dell'abbattimento del Muro di Berlino, evento simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo.
Si tratta di un doveroso omaggio ai martiri tedeschi che persero la loro vita, in quanto, mentre cercavano di raggiungere gli affetti e la libertà, scavalcando il Muro della vergogna, vennero vigliaccamente trafitti alle spalle dalle pallottole di un regime sinonimo di distruzione e oblio.

Avv. Vito Amodio
Giovane Italia – Monopoli