Cementeria di Monopoli, lo “strappo” del sindaco Romani. Prima delle ruspe, chiarezza sulle proposte
L'area della cementeria tra il cuore di Monopoli e il suo porto. Incontro con la città mercoledì 13 giugno alle 19.00 presso la Sala Convegni della Parrocchia del Carmine.
Due anni fa sembrava arrivato il momento di interrogarsi sul futuro della zona del porto compresa tra i cantieri navali Saponaro, la lottizzazione della Sicie e via Muzio Sforza, a pochi passi da piazza Vittorio Emanuele II. Si tratta di un’area dalle innegabili caratteristiche strategiche per il disegno e la riqualificazione urbanistica del centro della città, per lo sviluppo dello scalo e il suo collegamento con le infrastrutture extraurbane di grande scorrimento. E poteva essere la grande occasione per iniziare a dare contenuti e sangue al nuovo Piano urbanistico, in quanto l’area industriale dismessa qui allocata, può dare una nuova fisionomia alla città che, oltre un secolo fa, l’ha creata (il primo cementificio e il primo deposito oli, sorti tra la fine dell’800 e i primi del 900, nascevano entrambi per iniziativa di imprenditori locali).
Per troppi anni i monopolitani hanno continuato a respirare le polveri silicee e le fibre di amianto del cementificio ormai fermo, senza più l’alibi dei posti di lavoro e nell’impossibilità di usare le stesse aree demaniali adiacenti all’opificio, per l’indebito prolungarsi dell’occupazione del suolo pubblico da parte dei privati.
In questo contesto di attese e di speranze qual è stata la linea di condotta intrapresa dall’Amministrazione? Consegnare tutta l’iniziativa nelle mani dei privati proprietari dei suoli senza dare alcun indirizzo politico-urbanistico, omettendo un percorso preliminare di progettazione partecipata e trascurando i diritti di un’intera comunità a conoscere i processi di trasformazione della propria città.
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Si è chiesto ai proprietari dell’area di formulare uno schema di assetto secondo i loro desiderata, con l’unica condizione che demolissero i volumi esistenti prima di edificarne di nuovi. Questi hanno contabilizzato a propria discrezione i volumi esistenti e li hanno riportati a monte della strada prevista dal Pug, non prima però di averla deviata per inglobare un’ulteriore cospicua porzione di superficie necessaria a inserirvi tutti i volumi calcolati. Non uno studio sul tracciato infrastrutturale, sulle vie di fuga visive verso il mare. Nulla sull’interfacciarsi con il vicino cuore della città. Nessuna idea sull’uso della "spianata", sull’integrazione tra spazi pubblici e privati all’interno della stessa area di progetto dove spiccano due edifici a torre di dieci piani denominati "Vele" e un casermone degno di un quartiere periferico degli anni 30. E se non bastasse, come muro di confine, un lungo edificio in linea a chiudere definitivamente ogni rapporto con la città esistente.
La Via Nazario Sauro ruotata per far posto al cemento, in contrasto con le indicazioni strutturali del Piano urbanistico e le previsioni operative dell’Autorità portuale del Levante, a fare da spartiacque tra un formicaio di case da un lato e silos gru attrezzature portuali dall’altra.
E alla città? Alla città una parte, forse, di quella spianata lasciata a disposizione dell’Autorità portuale. E’ triste notare l’assoluta insensibilità di imprenditori privati pur consapevoli di operare su un brano tanto significativo del tessuto urbano. Ma è oltremodo mortificante vedere i nostri amministratori abdicare con oscena leggerezza al loro compito di garanti e promotori del nostro futuro di bellezza, di cultura, di partecipazione, di umanità.
Il 29 luglio 2010, alla presenza dell’Assessore regionale all’Assetto del Territorio Angela Barbanente e di centinaia di cittadini, il Sindaco assicurava la propria disponibilità ad avviare un processo di progettazione partecipata sull’area in questione.
L’impegno non ha avuto alcun seguito, anzi, in questi giorni il primo cittadino sta portando in Giunta uno Schema di Assetto modificato, tenuto nascosto a tutti, con l’unico scopo di assicurare a se stesso tra due mesi la demolizione degli edifici esistenti.
Demolire l’esistente, pieno di storia e di valore archeo-industriale, per sostituirlo con cosa? Spostare a priori quella montagna di cemento senza la certezza di come e dove ricadrà. Perché tanta inqualificabile imprudenza? Quali spaventosi interessi possono determinare tale scellerata superficialità?
Aprano la mente e il cuore gli attuali amministratori e suggeriscano al Sindaco una breve pausa di ascolto e di condivisione delle scelte. Il Sindaco si ricordi, che in un’area vocata a essere luogo di dialogo tra mare, porto e città, non solo ha già fatto abortire quel poco di utilità collettiva rappresentata dalla palazzina comunale persa nell’attigua area Sicie, ma ora rischia di distruggere quel che rimane delle lontane aspettative della comunità monopolitana. La cementeria ha senz’altro rappresentato per anni, nell’immaginario di molti, il mostro da abbattere, ma oggi, allo stato dei fatti, stiamo solo rischiando di distruggere un mostro per vederne sorgere uno peggiore.
Associazione Impegno per Monopoli