Il “significato” del 25 aprile

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Alla luce delle polemiche, interviene Ferruccio Ferretti, il figlio dell’indimenticato Sindaco Remigio Ferretti

Il tentativo di trascinare la giornata del 25 aprile nel novero delle commemorazioni di una non precisata “pacificazione” nazionale è impresa sia improponibile da un punto di vista storico, sia impresentabile da un punto di vista etico-politico. Chi è schierato in questo filone nostalgico-revisionista vuole semplicemente sfruttare il trascorrere inesorabile del tempo come paravento per coprire colpe e vergogne che sono e rimarranno, purtroppo per loro, indelebili. Il 25 aprile del 1945 i partigiani non sono scesi dalle montagne per stringersi la mano con gli ex gerarchi o per dar loro una pacca sulle spalle incoraggiandoli: “Coraggio la prossima volta vi andrà meglio!”. Il 25 aprile del 1945 si è posta la parola fine ad una guerra di popolo in cui erano ben individuate le figure dei liberatori e degli oppressori, in cui erano ben chiare finalità e intenti di entrambe le parti, in cui se fosse prevalsa la difesa della dittatura, nessuno dell’altro schieramento avrebbe avuto scampo. Il 25 aprile del 1945 ha segnato il tracollo di un regime becero, violento, subdolo ed infame. E di quel regime facevano parte personalità variegate, intellettuali e analfabeti, codardi e violenti, razzisti e trasformisti. Di quel regime faceva parte Araldo di Crollalanza. La nostra neo presidente della Camera Laura Boldrini ci ha ricordato che non esiste un fascismo “buono” ed uno “cattivo”. Esiste solo l’espressione più volgare e ignobile di occupazione del potere che l’Italia abbia conosciuto nella sua storia. E Araldo di Crollalanza ne era protagonista autorevole e quindi ancora più colpevole di altri. A Tonio Rossani ed a quanti come lui sono alla spasmodica ricerca di una giornata dedicata alla pacificazione, ricordo che il 2 giugno è la festa della Repubblica, nata dalla Resistenza, dopo che venne fatta chiarezza in modo inequivocabile sui ruoli ricoperti tra coloro che avevano scelto le armi della dittatura o la forza della democrazia.