La lettera di Franco Muolo

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Gentile Direttore,
le future produzioni di patate ogm, autorizzate con una recente direttiva Ue, potrebbero influenzare le intenzioni di voto dei nostri agricoltori. Altre ragioni potrebbero ricercarsi nell’insufficiente sostegno delle istituzioni alla cenerentola agricoltura ancorché nella super produzione delle buone patate nostrane, inseminate ogni anno da una polverizzazione di aziende non abbastanza coordinate. Se ne producono troppe, e di conseguenza i produttori sono costretti a (s)venderle all’ingrosso a prezzi bassissimi. Di qui l’ipotesi diserzione delle urne per colpe attribuibili non solo alla politica. Che, per scongiurare l’astensionismo, vorrebbe per un Sud terrone (al solito) più banche e più Cassa integrazione. Mio padre, quando vedeva seminare patate dai colleghi ortolani polignanesi, affermava: “Se non azzeccano un terno al lotto guasteranno il mercato”. Una regola che valeva mezzo secolo fa e credo valga tuttora a causa della sempre maggiore produzione pataticola, agevolata dall’impiego di acqua sorgiva, concimi e diserbanti sempre più potenti. Soltanto nel quinquennio 1965-‘69 nel mondo si produssero mediamente tre miliardi di quintali di patate l’anno. I maggiori produttori (con più del 50% del totale) furono la Russia, la Polonia e la Germania, rispettivamente con il 30, 15 e 7 per cento. L’Italia restava un piccolo produttore insieme a Francia, Spagna, Regno Unito e Cecoslovacchia, con una produzione dall’uno al tre per cento. I nostri problemi di oggi, derivanti dai diminuiti consumi interni e dalle ridotte esportazioni, sono rimasti pressoché gli stessi degli altri Paesi. Solo che le patate in sovrapproduzione di questi ultimi non finiscono al macero, bensì negli stabilimenti industriali (che qui mancano), e destinate all’estrazione della fecola, da cui derivano colle, apprettanti per tessuti e carte, ciprie, cosmetici, glucosio, destrina, alcool etilico e anche vodka. Perciò, se i consumatori decidono di mangiare sempre meno gnocchi, meno purée e comunque meno patate di qualità, facendo ovviamente abbassare i prezzi nelle contrattazioni, la colpa credo sia da ricercarsi anche nella sua incontrollata superproduzione. Alla domanda: quali piantine si devono piantare, mio padre era solito rispondere: “diversifichiamo le nostre produzioni orticole”. Macché, dopo ogni mancato o azzeccato terno al lotto, ognuno procedeva di testa propria. Detto questo, vorrei non essere frainteso e ribadire che è sicuramente sbagliato in questo momento astenersi dal voto (meglio non imitare la Francia dove, alle regionali di due settimane fa, non è andato a votare, per ben altri motivi, oltre il 53% della popolazione). Lì, come in altri Paesi del nord Europa, al contrario dell’Italia, il brand della terra funziona. Eccome funziona! Con una capillare diffusione di associazioni promuoventi lo sviluppo della qualità e le moderne tecniche di marketing, però. Gli agricoltori del ‘900 non ebbero la possibilità di organizzarsi? Facciamone tesoro, senza dare tutta la colpa ai nostri giovani candidati. Guardiamo agli errori del passato e pratichiamo serenamente le nostre scelte: andiamo tutti a votare, affinché anche le nostre sane pratiche agricole non continuino a mostrarsi come delle lotterie!

Cordiali saluti
Franco Muolo