Ortofrutta a km° 0 e ulivi secolari mobili

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Caro direttore, a conclusione del G8 agrario trevigiano, leggiamo delle condizioni d'inferiorità in cui la nostra agricoltura oggi viene a trovarsi, particolarmente qui in Puglia, rispetto a Paesi a bassa incidenza del costo della manodopera (mele Fuji e teste d’aglio cinesi le troviamo ormai dappertutto a prezzi bassissimi). Le direttive, mirate alla salvaguardia della concorrenza all'interno dell'Unione europea, appaiono politiche, quasi alla moda, prive di effetti concreti sull’orlo dei prezzi e forse anche poco incisive verso i grossi produttori e investitori meridionali della filiera agro-industriale, (mal)abituati alla gratificazione d'incentivi pubblici e poco avvezzi a una vera ricerca di mercato per la valorizzazione e la collocazione dei nostri invidiati prodotti agricoli. Facendo ricorso ai miei ricordi, ecco un esempio su come si agiva ai tempi in cui la crisi non era economico-finanziaria ma di sopravvivenza. Mio padre fu uno fra i primi orticoltori della piana a ridosso della fascia costiera a sud di Monopoli. Già quando, oltre mezzo secolo fa, quasi tutta la produzione locale di peperoni, cicorie, finocchi, melanzane, cetrioli, patate e lattughe non poteva essere assorbita dai mercati locali, caricava (con l'ausilio di tutti i componenti della famiglia) il prodotto su motocarri, "tigrotti" o "leoncini" a seconda della quantità, e andava a contribuire al rifornimento dei mercati ortofrutticoli all’ingrosso di Bari e Taranto: così facevano gli altri concorrenti e quasi sempre se ne tornavano indietro con gli automezzi privi di prodotto invenduto. Quando nevicava e le coltivazioni del Nord gelavano, formavamo una sorta di carovana, con l'apporto di altri parenti produttori, e partivamo per andare a collocare i prodotti esuberanti nei mercati di Bologna, Treviso e Verona, dopo lunghi viaggi notturni attraverso l’unica strada allora esistente, l’Adriatica: non c’erano ancora l'autostrada e l’incentivo pubblico. Ma quei prodotti, nonostante il lungo viaggio, la mattina dopo sui mercati settentrionali potevano considerarsi freschissimi, più freschi di quelli che oggi si suol definire a “chilometro zero”. I più intraprendenti di quei coltivatori sono diventati esportatori. Oggi per salvaguardare la coltura locale dall’invasione di costruendi opifici dell’agro-industria si sente parlare d'incentivi per lo spostamento dei nostri preziosissimi uliveti secolari, prevedendo nelle norme attuative dei Pug incredibili operazioni da effettuarsi con pale meccaniche! Ma è mai possibile? Si dovrebbe prevedere l'arresto per chi li estirpa, invece! Giacché i veri penalizzati non sono i grandi imprenditori agricoli ma i piccoli proprietari e pensionati non più agricoltori ufficiali, che senza alcun contributo continuano con enormi sacrifici a tenere in vita tali monumenti nel loro sito originario. A km° 0, appunto.

Franco Muolo